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Avengers – presentare un personaggio

In questi giorni ho riguardato The Avengers. Il film mi aveva piacevolmente colpito, di solito gli action holliwoodiani-spacchiamo-il-culo-al-cattivone mi annoiano a morte. Begli effetti, per carità, al cine fanno la loro figura, gran begli omaccioni, un po’ di muscoli qua e là non fanno mai male, ma in quanto a sceneggiatura, uccidetemi adesso. Quando oltre ai personaggi piatti e ai dialoghi da pezzenti arrivano i facili moralismi e le banalità sentimentali, parte il rigurgito del panettone dell’anno prima.

Non che non abbia qualche difettuccio, ma merita il successo che ha avuto. Tanto di cappello a Joss Whedon che è riuscito a mettere insieme un film con una struttura inevitabilmente difficile, dovendo dividere i tempi per 7/8 sottotrame (la maggior parte dei film ne ha 2 o 3, al massimo 5).

Io, e non sono l’unica, ho apprezzato particolarmente il nostro amico Bruce Banner. Iron Man già lo conoscevo, grande Downey Jr., Thor tutte le volte che lo vedo mi vengono in mente quei dieci secondi di silenzio assoluto quando se ne andava in giro a torso nudo, tantaroba, mamma mia quantaroba, Cap America non è tra i miei personaggi preferiti, non ho neanche visto il suo solo film, la Vedova Nera è nettamente migliorata dalla sua comparsa in Iron Man 2, Occhio di Falco, tantaroba anche lui, l’unico che rappresentava una novità era Hulk.

Ora, io ho un debole per i personaggi che devono lottare contro un demone interiore, che nascondono un lato non proprio piacevole e, soprattutto, che sono ambigui e contraddottori. Di suo Hulk ha le carte in regola per piacermi, ma nessuno dei due film in cui è protagonista mi aveva entusiasmato. Di certo non è ben sfruttato il lato contraddittorio del personaggio, hanno puntato tutto sul dualismo uomo/mostro senza capire che il vero personaggio è Banner, è dentro Banner che bisogna costruire la contraddizione, Hulk è un derivato. Quello del 2003 con Bana me lo ricordo come un abbiocco tremendo. Temo il film abbia vari problemi, ma uno sicuramente è il protagonista stesso, troppo passivo per i miei gusti (sì, va bene, diventa grosso e verde, e poi?). Il secondo film, quello con Edward Norton, già è meglio. Banner è troppo lineare, troppo semplice, troppo staccato da Hulk, manca quel non so che, però almeno fa qualcosa, non viene solo sbatacchiato qua e là. Vedendo The Avengers, alla prima scena in cui compare Banner, mi son detta “taci che ci siamo”.

Nel film tutti i personaggi hanno il loro spazio e la loro piccola sottotrama, c’è però una particolare attenzione alla costruzione e alla presentazione di Banner, per l’ovvio motivo che, al contrario degli altri personaggi, il pubblico non l’ha mai visto prima. Mi immagino Joss Whedon e Mark Ruffalo chiusi in uno stanzino delle scope a confabulare “qui non dobbiamo fare minchiate”. In realtà il discorso che sto per fare si può fare per tutti i personaggi, ma visto che Banner è quello che ho preferito, ho deciso parlerò di lui, ecco.

Oppesse…

Il film si apre con la sequenza (una delle scene meno ispirate del film a mio parere) in cui come di consueto si presenta il problema, vale a dire Loki, la sua banda di assatanati e il tesseract; e si pone la domanda: riusciranno nostri eroi-non eroi, i vendicatori, ‘sta banda di randagi a fermarlo e salvare la Terra? Il resto del primo atto è per lo più dedicato a raccogliere e presentare i vendicatori. Nel secondo atto i nostri eroi imparano a lavorare insieme (grazie Coulson, buaahh nooo Coulson!), nel terzo… beh, nel terzo SMASH!

Com’è Banner/Hulk? E’ intelligente (anche come Hulk), sa una fraccata di cose, è pieno di contraddizioni, è gentile e mansueto, quasi timido (i timidi capiscono quanto bene sia azzeccata la dicotomia timidezza-rabbia) e allo stesso tempo è sicuro di sè, non ama la sua condizione ma ha imparato a farci i conti, tant’è che ha un che di triste e insieme è ironico, e autoironico. Cos’altro? Ah, Banner sarà gentile e mite ma è anche molto, molto pericoloso.

Bene, come si fa a dire tutto questo allo spettatore? Mostrandoglielo, naturalmente. Attraverso le azioni, gli atteggiamenti e il dialogo, adesso lo vedremo, ma c’è un modo di mostrare un personaggio sottile e molto intelligente che neppure necessita di avere il personaggio in scena: il modo in cui gli altri personaggi si comportano nei suoi confronti.

La seconda scena dopo la sequenza iniziale è quella dell’interrogatorio dell’Agente Romanoff aka Vedova Nera. Questa scena serve a presentare prima di tutto il personaggio della Vedova Nera. E funziona. L’Agente Romanoff sembrerebbe in una pessima situazione, lì a subire un interrogatorio, e invece è lei che sta interrogando gli aguzzini! Coulson le telefona e lei vuole finire il lavoro, lui le nomina Occhioni si Falco e lei molla subito tutto (sottinteso, c’è qualcosa sotto tra i due), in quattro e quattr’otto si libera di quei poveri cretini ed è pronta. L’Agente Romanoff è sveglia, è esperta, è abile, non si fa neppure troppi problemi. Insomma, alla fine di questa scena non c’è alcun dubbio, è una tipa tosta. Quando Coulson per telefono le dice di andare a parlare con il “big guy” lei pensa che intenda dire Iron Man e ci scherza sopra, invece no, Coulson intendeva il “big guy”, quell’altro. E l’Agente Romanoff come reagisce? Non è molto contenta. Bozhe moi in russo significa “mio dio”. Banner non è stato in scena neppure un secondo e già abbiamo indicazioni su di lui. Se la Vedova Nera è preoccupata di incontrarlo, significa che è imprevedibile e potenzialmente pericoloso. Il pubblico percepisce il pericolo ancora prima di vederlo e il film continua a construire e ampliare questa percezione sfruttandola per creare tensione da scaricare poi nel momento in cui davvero Hulk si scatena, evento che per questo e altri ottimi motivi avviene solo dopo la metà del film.

Scena successiva, Calcutta. Nelle prime immagini vediamo Banner in casa di gente malata che si lava le mani, uno stetoscopio in tasca, la bambina che lo prega di seguirla. A cosa serve questa breve scena? A far sapere al pubblico cosa ci fa Banner a Calcutta e perchè. Fa il medico. E non lo fa da ieri visto che parla un po’ la lingua. E non lo fa per arricchirsi, visto che la casa in cui lo vediamo è misera e visto che segue una bambinetta in una baraccopoli invece di un grassone in una limousine. Sappiamo anche che Banner è di animo gentile, infatti anche se ha da fare ed è ormai notte si lascia pregare. Prima di arrivare alla casupola una camionetta passa davanti a Banner e alla bambina. Banner che fa? Ferma la bambina, un gesto che pare di protezione e convince sul fatto che Banner è attento a chi è intorno a lui, e poi si volta, nasconde il viso, segno che non ha nessunissima intenzione di farsi notare e che sa benissimo che in giro c’è gente che lo cerca. In pochi secondi abbiamo il quadro del personaggio, tutto attraverso le azioni e con ben poco spreco di parole.

Riporto le battute della scena in inglese, tanto è facile.

La scena comincia con la bambina che s’infila per la finestra e con Banner che resta lì con un pugno di mosche in mano.

“You should have got paid up front. Banner”

Questa battuta di Banner serve a due scopi. Uno è di mettere bene in chiaro chi è il personaggio. C’è sempre qualche spettatore ritardato, o qualcuno che conosce molto poco il MondoMarvel. Banner dice “sono io Banner!” La seconda funzione, più interessante, è di mostrare una reazione. Questo vale per ogni reazione e ogni battuta di un personaggio. Personaggi diversi avrebbero reagito diversamente alla stessa situazione. Qualcuno avrebbe rincorso la bambina, qualcuno sarebbe mandato un improperio, qualcuno si sarebbe incazzato. Banner manda un sospiro indispettito e dà un primo assaggio della sua autoironia “mi son fatto gabbare con tutte le scarpe”.

“You know, for a man that is supposed to be avoiding stress you picked a hell of a place to settle.”

L’Agente Romanoff esce dall’ombra e mette subito in chiaro una cosa “io so chi sei” da cui deriva l’ovvio “non sono qui per nulla”. Naturalmente non è stata mandata l’Agente Romanoff a caso, è brava a manipolare (ce lo ha appena mostrato nella scena dell’interrogatorio) e non ha un aspetto aggressivo. E’ nel suo interesse turbare Banner il meno possibile e infatti dice quello che deve dire scegliendo parole gentili, parlando con un tono rilassato, vestendo un abito semplice che mostri che non porta armi. Ma la sostanza non sfugge a Banner, che la studia per un istante con l’espressione di chi sa di essere in trappola, e lo dirà esplicitamente più avanti.

“Avoiding stress isn’t the secret”

Qui Banner sta da una parte mettendo giù le carte, non nega, non dice “non so di che sta parlando”, dice “va bene, cosa vuoi?”, e lo dice rispondendo con un tono tranquillo al tono tranquillo di lei. E’ una risposta accondiscendente da una parte, guardinga dall’altra. Il che dà un indizio caratteriale, Banner è un tipo mite, ma non si fida. Contemporaneamente Banner sta, forse involontariamente, facendo un’affermazione “sai chi sono, ma non mi conosci così bene”.

Altra funzione di questa battuta è quella di creare un rimando all’interno del film. Inizia qui, viene ripreso a metà film quando Banner dice, sempre alla Romanoff, “vuole sapere qual’è il mio segreto? Come faccio a mantenere la calma?” e trova il suo apice in uno dei momenti più fighi del film “è questo il mio segreto, Cap. Io sono sempre arrabbiato” SMASH!

“Than what is it? Yoga?”

Notare come lei non vada subito al punto. Gli lascia il tempo di adattarsi alla situazione e di guidare la conversazione come preferisce. Questa battuta significa “io non farò nulla, prendi in mano tu la situazione”.

“You brought me to the edge of the city, smart. I assume the whole place is surrounded.”

La reazione di Banner prova che l’Agente Romanoff si sta comportando nel modo giusto. Anche se lei non ha fatto niente per essere considerata una minaccia, a parte ingannarlo e saltare fuori dal nulla, Banner si tormenta le mani, sa di essere in una trappola, si guarda in giro, e indietreggia. Un atteggiamento di chi è a disagio, e la rabbia è un caso estremo di disagio. Da notare la posizione dei due personaggi, Banner è spalle al muro, l’Agente Romanoff è in mezzo alla stanza a una certa distanza.

Banner qui sta inquadrando la situazione, mostrando sia al pubblico che all’Agente Romanoff di non essere uno sprovveduto. Si potrebbe pensare che anni passati a cercare di non farsi mettere in gabbia lo abbiano allenato a non fidarsi.

“Just you and me.”

Manipolatrice. Mente spudoratamente. Certo che se vuoi tenere Banner tranquillo l’ultima cosa che vuoi è dirgli che c’è un plotone armato fino ai denti fuori dalla finestra. Non so se sia stato fatto apposta, qui interpreto liberamente, ma è in questa battuta che la Romanoff si toglie lo scialle. Come a dire “vedi? non ho nulla da nascondere”.

“And your actress buddy? Is she a spy too? Do they start that young?”

Notare come è ancora lui a condurre la conversazione. Banner non è affatto convinto, ma lascia cadere la faccenda che il posto è circondato. Qui il movimento del personaggio è tutto interno, Banner sta pensando, parla della ragazzina per associazione con chi altri lo sta aspettando fuori, e di fatto prende tempo. Quello che vuole dire lo dirà fra un paio di battute quando la Romanoff continuerà a non fare nulla.

“I did.”

La Vedova Nera concede qui qualcosa di sè, mostrando a Banner quasi un punto debole. E’ un ottimo sistema per cercare un contatto con chi non si fida di te. Intanto il pubblico impara qualcosa anche su di lei.

“Who are you?”

“Natasha Romanoff”

Naturalmente gli dice il suo nome. In fondo lei è un’amica. Lo è davvero probabilmente, o perlomeno lo sarà, ma questo Banner non lo sa.

“Are you here to kill me, ms Romanoff? Because that’s not going to work out, for everyone.”

Ecco quello a cui Banner girava intorno. E’ interessante venire a sapere che quando Banner incontra qualcuno che conosce la sua identità, anche se è una donna pulita, apparentemente disarmata e apparentemente sola, la prima cosa che pensa è che lo voglia uccidere. Allo stesso tempo si nota la confidenza che Banner ha con se stesso. Sa quali saranno le conseguenze se lei lo attaccherà e lo dice esplicitamente, non come una minaccia, ma come un’informazione, “non funzionerà per nessuno di noi”. E’ preoccupato di scatenare Hulk più di quanto lo preoccupi l’Agente Romanoff.

“No, of course not. I’m here on behalf of SHIELD”

La Romanoff comincia a dare informazioni sul perchè è lì. Sempre una cosa alla volta, con calma.

“SHIELD…”

Banner sa chi sono, e non è del tutto chiaro se la cosa gli piace o meno. Il modo in cui lo dice punta su “devo capire un po’ dove vuole andare a parare, ma poteva essere peggio”

“How’d they find me?”

“We never lost you, doctor. We kept our distance, we even helped keep other interested parties off you scent”

Ancora, questa battuta dice “Puoi fidarti, vedi, se avessimo voluto avremmo potuto, e invece ti abbiamo lasciato stare. Ti abbiamo anche aiutato. ”

“Why?”

Questa domandina nasconde l’intelligenza di Banner. “Non mi avete aiutato così, per niente, giusto perchè vi sto tanto simpatico. Quindi cosa volete?”

“Nick Fury seems to trust you, but now we need you to come in.”

“What if I say no?”

Banner non chiede neppure di cosa si tratti. La cosa più importante per lui è capire se e fino a che punto è libero di dire di no. Sa che non può veramente dire di no allo SHIELD, non come Banner, il punto è se dovrà seguire la Romanoff come prigioniero o come pari. Banner avrà una scelta vera da fare nel film, ad un certo punto dovrà davvero fare liberamente la scelta se dire di sì o di no.

“I’ll persuade you.”

Lui deve andare. Il tono affabile significa che l’Agente Romanoff preferisce di gran lunga le buone alle cattive.

“And what if the other guy says no?

Vediamo la prima volta come Banner chiama Hulk. Da una parte Banner vede Hulk come qualcos’altro, qualcosa di separato da lui, dall’altro invece è chiaro che Hulk è parte di lui. Banner direbbe di no, anche Hulk direbbe di no. Qui vengono fuori le sfaccettature contraddittorie del personaggio, dietro la superficie posata, razionale, gentile, dietro un personaggio che si nasconde e vuole solo essere lasciato in pace, il pericolo è pronto a venire alla superficie nella piu’ rabbiosa delle maniere. Si capirà benissimo dopo, ma gia da qui si vede che Banner ha in qualche modo fatto i conti con la sua condizione. Banner probabilmente non può dire di no alla Romanoff, ma Hulk potrebbe. E cosa potrebbe fare la Vedova Nera contro Hulk?

“You’ve been more than a year without an accident, I don’t think you want to break that streak.”

La Vedova Nera aggira la domanda, che cosa potrebbe dire? Scatenare Hulk è una pessima idea, è proprio quello che vuole evitare. Non parla dell'”other guy”, resta su Banner dicendo che lui decidera’ di non scatenare Hulk. E dicendolo va a prendere il cellulare, allontanadosi da Banner. La situazione è stata chiarita. Banner potrebbe dire di no, ma non lo vorrebbe.

“Well, I don’t always get what I want.”

E qui Banner dice che non sempre riesce a tenere a bada l'”other guy”. Di nuovo non suona affatto come una minaccia, anzi, c’è un velo di tristezza e di rammarico nel modo in cui lo dice.

“We are facing a potencial global catastrophe”

Posto nella più convincente delle maniere che non è lì necessariamente per fargli del male, l’Agente Romanoff prende in mano la conversazione e comincia a dire quel che deve dire.

“Well, those I actively try to avoid.”

Questa battuta fuonziona meglio in inglese. Esprime meglio l’autoironia di Banner. Sta parlando di se stesso. Chi è in grado di fare autoironia ha accettato se stesso. Banner non è vittima di Hulk. Banner è Hulk e Hulk è Banner, man mano che il film va avanti sarà sempre più chiaro.

“This is the Tesseract. It has the potencial energy to wipe out the planet.”

L’Agente Romanoff si siede, un gesto di sicurezza e di fiducia. “Sediamoci intorno a un tavolo a parlare”. Notare che qui si stanno passando delle informazioni a Banner. Visto che passare informazioni è noioso, specie se come in questo caso il pubblico già conosce gli eventi, le informazioni passate sono essenziali, “it has the potencial energy to wipe out the planet”, punto, fine, niente Loki, niente di niente. Il pubblico sa già quel che deve sapere, qui bisogna solo dire che adesso anche Banner lo sa. In più le informazioni sono inserite in mezzo a una scena in cui il punto focale sono i personaggi, non le informazioni stesse. Altrimenti detto, c’è poco raccontato in molto mostrato.

“What does Fury want me to do? Swallow it?”

Ironia. Sempre su Hulk. Banner non si siede, anche se c’è un’altra sedia, e tiene il tavolo tra sè e lei.

“He wants you to find it. It’s been taken. It emits a gamma signature that is too weak for us to trace. Nobody knows gamma radiation like you do. If there was, that’s where I’d be.”

Qui l’Agente Romanoff mette bene in chiaro che vogliono Banner per le sue qualità di scienziato, nient’altro. Anzi, se avessero avuto una scelta non sarebbero andati da lui dal principio.

“So Fury isn’t after the monster.”

Banner ha recepito il messaggio. Notare che Banner comincia qui a riprendere le redini della conversazione, ma adesso ha un approccio diverso, sta forzando, va verso lo scontro.

“Not that he’s told me.”

Risposta da vera spia. Leggasi: “Io sono sincera. Se poi le cose vanno diversamente non prendertela con me”.

“And he tells you everything.”

La ricerca dello scontro è velata dal tono di voce basso, ma c’è. Se l’aspetto dimesso, il non guardare sempre negli occhi l’interlocutore, il tono di voce o la gentilezza avessero ingannato, Banner è capace dello scontro, e questo perchè è sicuro di sè, non si trasformerebbe in Hulk ma in un micio molto sovrappeso se così non fosse.

“Talk to Fury. He needs you on this.”

“He needs me in a cage.”

Banner sta mettendo l’Agente Romanoff in un angolo.

“Nobody is going to put you in a…

Si allunga per prendere il cellulare…

“Stop lying to me!”

Chiunque si sia inventato quest’uscita di Banner, Joss Whedon immagino, ha tutta la mia stima. Spaventa e sorprende lo spettatore. Lo spettatore non vive queste emozioni per interposto personaggio, trabuzza davvero gli occhi e salta sul serio sulla poltrona. La reazione emotiva è il modo migliore per insegnare qualcosa allo spettatore, Banner è pericoloso, Banner è imprevedibile. Banner non è passivo, sa usare la sua rabbia, non aspetta necessariamente che gli altri lo facciano arrabbiare, è lui che si arrabbia se necessario. Il pericolo, già anticipato nella scena dell’interrogatorio, è riflesso di nuovo dalla reazione dell’Agente Romanoff, che tira istantaneamente fuori la pistola. La sua espressione è chiara, ha paura.

“I’m sorry, that whas mean. I just wanted to see what you’d do. Why don’t we do this the easy way, where you don’t use that, and the other guy doesn’t make a mess. Ok? Natasha?”

Banner è un dritto. Ha messo nel sacco l’Agente Romanoff. L’ha spinta dove voleva. Voleva una reazione sincera e l’ha ottenuta. Per il pubblico questa è una brutale conferma di quello che già si era intuito, Banner non nasconde affatto di essere Hulk, conosce il limite e lo usa. Qui sta giocando con l’immagine che gli altri hanno di Hulk e di quello che lui potrebbe fare. E subito si scusa, torna al tono sussurrato di prima, con un sorrisetto riconosce di essere stato uno stronzo, e adesso è lui a mettere in chiaro che se nessuno lo minaccerà, l'”other guy” non combinerà un casino. Più sicuro di sè di così si muore.

“Stand down. We are good here.”

“Just you and me.”

La chiusura è bella perchè riprendendo una battuta centrare della scena chiude il cerchio.

Questa scena fa tutto quello che deve fare e qualcosa di più. Il personaggio è presentato, chiunque abbia un minimo di intelligenza emotiva ha inquadrato bene Banner, l’ha capito, e dunque comincia a costruire un legame emotivo che è in definitiva il trucco perchè un personaggio funzioni, perchè il pubblico si appassioni a quello che fa e soffra e si entusiasmi insieme a lui. Il motivo per cui uno dei momenti che preferisco, e che un po’ tutti amano, è quando Hulk spacca il muso a quella specie di tartaruga dinosauresca, “io sono sempre arrabbiato” SMASH! (oltre alla scena in cui strapazza Loki come un sacco di noccioline, la più hulkesca di tutte) non è solo perchè è spettacolare, è perchè senti la catarsi di tutto il personaggio chiudersi su quel momento.